lunedì 9 marzo 2009

La crisi attuale

La lezione odierna è stata dedicata al tema della crisi attuale. Di che natura è? Quanto è grave? Quali sono le sue cause? Ci è utile per capire come l'ambiente generale può condizionare le strategie e i modelli di comportamento delle imprese?

10 commenti:

Anonimo ha detto...

Carmelo M.
La crisi che sta investendo l'intero mondo è alquanto grave.
E' di natura finanziaria, c'è carenza di liquidità nel mercato; la causa principale è stata quella di un utilizzo errato del sistema bancario dove soprattutto negli stati uniti non c'è una legislazione che tuteli in modo adeguato i risparmiatori,infatti era possibile investire gli interi fondi di risparmio in attività finanziarie soprattutto immobiliare, col collasso del settore immobiliare le banche sono state tirate pur loro verso il basso con conseguente perdita di liquidità.
Un'altra causa può essere imputata alle imprese e ai suoi management i quali hanno puntato a dei costi di produzione sempre più bassi spostando la produzione in paesi dove la manodopera costa molto meno, questo fattore cosa ha causato? sappiamo che la principale fonte di reddito proviene dal lavoro diminuendo il reddito si è diminuito altamente la domanda portando le imprese in una fase di sovra produzione, che fina ad ora non si era sentita in quanto il sistema bancario aveva fatto da rimpiazzo alla parte di reddito che si era persa nella ricerca della massima competitività dal momento che le banche non hanno più concesso prestiti le famiglie non hanno potuto effettuare più i consumi ai quali finora erano abituati.
Un altro fattore che più che causare la crisi sta rendendo più complicato uscirne io lo imputerei ai mass-media i quali stanno creando una forte area di pessimismo che non rende valido alcun intervento al fine di rialzare il mercato; esempio la politica attuata dagli stati uniti con una forte spesa pubblica in altri tempi avrebbe fatto salire fortemente i titoli in borsa in vece è stata assorbita senza sortire alcun miglioramento.
Analizzare la crisi è senz'altro importate per stabilire la strategia da portare avanti per far fronte alla crisi e soprattutto perché ci permette di evitare errori che sono stati già compiuti.

silvana larocca ha detto...

La crisi e' difficile, ma il governo e' impegnato per aiutare i lavoratori che rischiano il posto e piu' deboli per "non lasciare indietro nessuno". Lo garantisce il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, in un'intervista al Tg1.
"Noi siamo nella crisi - dice Tremonti - stiamo camminando lungo una strada difficile, pero' non lasceremo indietro nessuno: tutto quello che possiamo fare lo faremo perche' non vogliamo lasciare indietro nessuno, a partire dai piu' deboli".
"Chi ha il posto di lavoro e lo conserva - prosegue Tremonti - sta meglio di prima e lo sanno, e' come se avessero una specie di tredicesima in piu', dai mutui, dalle bollette, alla benzina e questo e' buono. Chi non ha il posto deve essere aiutato, e quello che stiamo facendo in questi mesi ed e' quello che faremo. Non abbiamo ancora avuto grandi tensioni sociali ma sappiamo che ci sara' gente che perde il posto o ha difficolta' sul posto ed e' questa la ragione per cui abbiamo messo molti soldi in quelli che, con un nome strano, si chiamano ammortizzatori sociali, che vuol dire aiuto".
La crisi economica globale e' stata causata dagli uomini e dalla loro avidita', mentre le donne sono le vittime, ha affermato ancora il ministro dell'Economia al Tg1. "Quando c'e' una crisi - ha detto Tremonti riferendosi all'avvicinarsi della Festa della donna - la gente ha bisogno, e il bisogno e' uguale per gli uomini, per le donne, per gli anziani. Ma nella crisi - ha sottolineato - c'e' una cosa che si nota: le donne sono le vittime, non sono gli artefici, e questo e' un dato significativo. Chi ha causato la crisi, l'avidita', sono soprattutto gli uomini".(da Rainews24).
Oggi un po' tutti i settori, strettamente legati alla produzioe e non sono, connessi fra loro nel senso che spesso eventi che sconvolgono un settore possono avere ripercussioni anche sugli altri.
credo che quella di oggi sia partita come crisi finanziaria, estendendosi poi agli altri settori. é quindi solo oggi che si può parlare di una crisi generale; una crisi che spaventa lo stato italiano (anche se "qualcuno" crede di avere in mano la situazione...), quanto le famiglie, le banche e le imprese. questa è per certi versi paragonabile alla crisi del 1929, perchè credo che,come quella, anche la crisi di oggi sia stata originata dalle eccessive speculazioni( nel 1929 si acquistavano titoli sperando di poterli rivendere ad un prezzo maggiorato).
concordo quindi con quello che il ministro dell'economia Giulio Tremonti ha detto, cioè che la crisi odierna è dovuta in gran parte all'avidità dell'uomo(ed ancora una volta entra in gioco il binomio economia-etica). C'è anche da dire che l'avidità dell'uomo o comunque la possibilità che le sue aspirazioni hanno avuto di realizzarsi sono dovute in particolar modo all'eccessiva libertà, alla mancanza di regole e ancora di più alla mancanza di rigidi controlli. si tratta di una crisi che ha investito più settori,ma soprattutto un po' tutti i paesi(che più chi meno), soprattuttoper effetto della globalizzazione.analizzare le cause della crisi può sicuramente molto utile per comprendere meglio il concetto di strategia e in quali occasioni può essere attuata; difatti è in occasioni come queste che le imprese tenteno il tutto per tutto al fine di superare un momento difficile, approfittando magari del fatto che non si è l'unico a viverlo..

Rosario Faraci ha detto...

Dal Corriere della Sera di oggi (vedi sito corriere.it)

MILANO - Fosche previsioni per il 2009 da parte della Banca Mondiale. L’economia globale registrerà un segno negativo per la prima volta dalla seconda guerra mondiale e il commercio internazionale toccherà i livelli minimi degli ultimi 80 anni. La crisi internazionale determinerà inoltre una riduzione dei finanziamenti per i Paesi poveri e in via di sviluppo per diversi miliardi di dollari. Un gruppo di 129 paesi subirà quest’anno un taglio di finanziamenti compreso tra i 270 e i 700 miliardi di dollari e le istituzioni internazionali non saranno in grado di coprire neppure la stima più bassa di questa forchetta. La Banca Mondiale valuta inoltre che neppure un quarto delle nazioni considerate più vulnerabili riuscirà ad alleviare l’impatto della crisi economica con il varo di pacchetti di salvataggio e la creazione di posti di lavoro.

Anonimo ha detto...

Si dice spesso che capitalismo sia sinonimo di crisi, ovvero che esso si nutra delle crisi che provoca, oppure che la sua « facoltà d’adattamento » sia illimitata, lasciando così intendere che esso sia indistruttibile. In realtà, è necessario distinguere le crisi cicliche, congiunturali (descritte ad esempio dai celebri « cicli » di Kondratieff), dalle crisi sistemiche, strutturali (come quelle che ebbero luogo tra il 1870 ed il 1893, all’epoca della Grande Depressione del 1929, o quelle occorse tra il 1973 ed il 1982, quando una disoccupazione di tipo strutturale ha cominciato ad apparire tra i paesi occidentali). Con la crisi finanziaria attuale, è indubbio che ci si trovi di fronte ad una crisi strutturale, corrispondente ad una rottura della pertinenza logica e della coerenza dinamica della totalita del sistema.
Di fatto siamo di fronte ad una tripla crisi: crisi del sistema capitalista, crisi della mondializzazione liberale, crisi dell’egemonia americana.

La spiegazione più frequentemente avanzata per interpretare l’attuale crisi è l’indebitamento delle famiglie americane dal versante dei mutui ipotecari immobiliari (i famosi « subprimes »). Si dimentica soltanto di dire perché si siano indebitate.
Uno dei tratti dominanti è il completo controllo dei mercati finanziari globalizzati.Questo controllo dà un potere crescente ai detentori di capitale, ed in particolar modo agli azionisti, che sono oggi gli effettivi proprietari delle società quotate in Borsa. Desiderosi di ottenere un rendimento massimale il più rapido possibile dei loro investimenti, gli azionisti spingono alla compressione dei salari ed alla delocalizzazione opportunistica della produzione verso i paesi in via di sviluppo dove l’aumento della produttività va di pari passo con il basso costo salariale. Risultato: prima di tutto, l’aumento del valore aggiunto profitta ai redditi da capitale piuttosto che ai redditi da lavoro, la deflazione salariale si traduce nella stagnazione o nella perdita del potere d’acquisto della maggioranza della gente, e si ha infine la diminuzione della domanda solvibile globale.

La strategia attuale della Forma-Capitale è dunque di comprimere sempre più i salari, di aggravare crescentemente la precarietà del mercato del lavoro, producendo nel contempo un impoverimento relativo delle classi popolari e dei ceti medi che, nel tentativo di mantenere il loro tenore di vita, non hanno altra risorsa che l’indebitamento, nello stesso tempo che la loro solvibilità diminuisce.

La possibilità offerta alle famiglie di chiedere prestiti per sostenere le spese quotidiane o acquistare una casa è stata l’innovazione maggiore del capitalismo nel dopo-guerra. Le economie sono da allora state stimolata da una domanda artificiale fondata sulla facilità del credito. questa tendenza è stata incoraggiata dagli anni ’90 attraverso la concessione di condizioni di credito sempre più favorevoli (contributo personale prossimo allo 0 %), senza alcune considerazione sulla solvibilità di mutuatari ed imprestatari. Si sono stimolati i consumi attraverso il credito, non potendoli stimolare attraverso l’aumento del potere d’acquisto.
Ma la presente è anche una crisi della mondializzazione liberale. La trasmissione brutale della crisi ipotecaria americana ai mercati europei è il frutto diretto di una mondializzazione pilotata e realizzata dagli apprendisti stregoni della finanza.
D’altra parte, è anche la globalizzazione che ha creato una situazione nella quale le crisi maggiori si propagano oramai quasi istantaneamente, in modo « virale ».
Ora, la crisi non può che contribuire ad erodere la fiducia nel dollaro, che tenderà con tutta probabilità a diminuire ulteriormente. Il fatto che il dollaro sia nel contempo una valuta nazionale e un unità di conto internazionale, in più libera da ogni legame con l’oro dal 1971, ha permesso per lungo tempo agli Stati Uniti di affermare e di far pesare la loro egemonia mentre continuavano a registrare deficits colossali. Adesso si rassicura sul fatto che sarà sufficiente « regolamentare » o « moralizzare » il sistema per evitare questo genere di crisi. Gli uomini politici, a cominciare da François Fillon e Nicolas Sarkozy, parlano di « deviazione della finanza », mentre altri stigmatizzano l’« irresponsabilità » dei banchieri, lasciando in tal modo intendere che la crisi non è dovuta che ad un’insufficienza di regolamentazione e che un ritorno a pratiche più « trasparenti » permetterebbe di rianimare e rimettere in gioco un capitalismo meno carnivoro.

Fonte: Opifice

Anonimo ha detto...

La crisi attuale è una crisi globale.
Nata come crisi del sistema finanziario e bancario, ormai si sta espandendo a macchia d'olio su tutti i settori che interessano l'economia reale; per cui si, è grave. Le cause sono diverse e di varia natura, sarebbe difficile trovare una "causa causarum", ma se proprio qualcuno me ne chiedesse una io direi il problema legato alla crisi finanziaria delle banche.
Questa crisi del 2009 è stata più volte paragonata alla celebre crisi del '29 e sicuramente di analogie ve ne sono; ma il divario temporale ha inciso molto nel distinguere le due crisi; la società è cambiata, il mondo politico è cambiato, il modo di fare impresa è cambiato; per cui se la crisi del '29 la si può far risalire più a cause socio-politiche (non dimentichiamoci che quello era il periodo delle grandi guerre), la crisi odierna, a mio modo di vedere è più una crisi imprenditoriale, intendendo coinvolgere in questa categoria anche "l'impresa" banca (tra l'altro principale indagata).
Una crisi che, sempre secondo me, può esser ricondotta anche ai problemi di sovraproduzione che ormai tutte le imprese stanno vivendo. Per cercare di smaltire tutte queste rimanze provono a svendere tutto (ma la crisi non lascia scampo, colpendo le famiglie, a loro volta colpite da questa mancanza di liquità generale dell'economia reale, anche le svendite totali possono non bastare per salvare un'impresa) rischiando di non arrivare poi a coprire i costi stessi di produzione. Di conseguenza queste imprese saranno costrette a trovare altrove i fondi per il proprio sostentamento, andando quindi dalle banche, che offriranno credito a queste imprese ormai in crisi e fortemente indebitate. Molte di queste imprese richiedenti prestito purtroppo dalla crisi non usciranno (molti sono i colossi aziendali i crisi e tanti quelli già in bancarotta) di conseguenza anche le banche entreranno in crisi vista l'insolvenza generatasi nei confronti dei propri creditori. Il forte indebitamento delle banche non permette ulteriori soluzioni verso il campo dei finanziamenti, a mio avviso è inutile coprire un buco cosi "alla buona", bisogna intervenire in modo energico e attraverso una correlazione tra tutti i coinvolti, l'importante è agire bene,un'errore potrebbe aggravare ulteriormente la situazione, e comunque agire perchè chi resta fermo verrà inerosabilmente spazzato via da questa crisi.
Questa è la mia visione, l'idea che mi sono fatto io leggendo e ascoltando tutte le notizie che ormai ci bombardano tutti i giorni. Dovrei citare tutte le fonti del pianeta, ma per non allungare ulteriormente evito.

Marino Giuseppe

Rosario Faraci ha detto...

La chiave di lettura di Giuseppe Marino mi sembra convincente. Valide pure le altre riflessioni, ma questa mi è piaciuta di più, al momento. Ad maiora!

Anonimo ha detto...

Come abbiamo visto oggi la crisi è di natura finanziario/bancario e comunque tocca diversi rami. La sua gravità secondo me dipende dal suo protrarsi nel tempo ovvero più non si reagisce ad essa più mieterà vittime. Come ha detto tremonti la causa principale secondo me sono gli uomini, Alcune cause analizzate oggi partite dall’America, paese madre della crisi attuale, sono le scelte errate dei manager che governano le imprese più grandi accompagnate da errori di quelli che governano il settore bancario. Alcune imprese e anche le famiglie si indebitarono all’estremo( come l’esempio del professore circa un immobile valutato 300 quindi un credito di 450 per adempiere all’acquisto) e con il contribuire dei cosiddetti titoli tossici le banche prestavano sempre più e fornivano titoli per risarcirsi. Tutto questo portò al collasso di molte banche che fallirono e quindi di un abbasamento degli indici di borsa infatti si parla maggiormente di una crisi creditizia ed una crisi di fiducia dei mercati borsistici ; ma le imprese sempre più indebitate con le banche sembrano non riuscire ad uscirne e infatti sentiamo che vogliono un intervento dello stato secondo me per evitare il crollo totale a cui sono prossime. Oggi la crisi sta toccando tutto il pianeta ma parte dal crollo dei titoli in borsa ed è per questo che ancora noi non ne abbiamo risentito ma comunque secondo me,torno a ripetere, più durerà e più ne sentiremo espandere gli effetti, quindi anche se per adesso qui non è fallita nessuna grande banca e nessuna grande impresa bisogna subito affrontarla.
domenico

salvo leonardi ha detto...

per quanto concerne la crisi , come quanto ho esposto in aula, si riferisce innanzitutto al sitema finanziario incidendo nella mancanza di liquidità ed ad un eccessivo indebitamento dell' imprese.All individuo al momento nn sta tangendo molto ma cn il progredire porterà a delle problematiche serie individuali

Anonimo ha detto...

la crisi...una parola ke in questo periodo sento pronunciare molto spesso,da persone molto diverse tra loro ke conferiscono ad essa significati ed entità differenti.in questo mio primo intervento non mi va di ripetere i concetti sicuramente giusti già esposti dai miei colleghi.la mia analisi(se cosi posso definirla)vuole essere meno dogmatica e concettuale rispetto alle altre.la mia visione per questo argomento è meno scolastica ma punta di più a quello ke vedono i miei occhi ke a quello ke sento dire da tutti i tg di tutte le reti.per crisi si intende in generale un momento di calo,di declino,ke quindi subentra ad un momento di splendore,o per lo meno di generale benessere.ma io è da 20 anni ke sento parlare di crisi.mi ricordo ad esempio di quando è subentrato l 'euro, e dopo poco tempo tutti i prezzi erano raddoppiati.tutti si lamentavano,tutti lo sapevano,ma nessuno faceva nulla e si continuava a comprare.penso sia abbastanza facile per ki da 20 anni è sulla cresta dell'onda come figura politica e ke è presidente di una delle società sportive più grandi del mondo,della medusa,della catena blockbuster,della mediaset e non continuo,dire ke dobbiamo essere ottimisti e ke poi questa crisi non è cosi grave.esageriamo sempre noi.io credo che più la crisi si veda nel piccolo,diciamo nel mondo microeconomico più essa sia grave.è quando mi capita di andare a fare la spesa:la sma quasi vuota,ma coi banconi delle offerte svuotati dalle 8 del mattino.gente anziana ke preferisce comprarsi la makkinetta per i capelli ke andare dal barbiere frequentato per anni.adesso la crisi fa paura xkè si vede,xkè si sente,perkè per apprezzarla basta osservare.non è certa arrivata ieri questa crisi,forse la sua radice è più vekkia di me,ma solo adesso la si vuole combattere.magari fra una decina di anni l'uomo sarà chiamato ad affrontare il problema del surriscaldamento globale che oggi tutti conosciamo ma ke poco sembra importarcene.questo mio intevento non vuole essere uno sfogo,ma è la mia semplice riflessione.come affrontare una crisi del genere non è scritto in nessun libro di testo,ma secondo me il primo passo per fare questo è rendersene veramente conto ke essa esiste e avere quella voglia di cambiamento che spinga questa società ad autorigenerarsi,ad auto inventarsi come ha sempre fatto nella storia e uscire da questa crisi per poi un giorno affrontarne un'altra.


MATTEO FRENI

fonte:periodo di osservazione

Stefania ha detto...

Anche io non voglio ripetere i concetti già scritti dai miei colleghi, poi oggi ne abbiamo riparlato sempre più approfonditamente a lezione. Quindi ho preferito stasera focalizzare l’attenzione su come l'ambiente generale,in questa situazione di crisi, può condizionare le strategie e i modelli di comportamento delle imprese..

Abbiamo più volte detto che questa è una crisi che riguarda il settore finanziario ma rischia ora di trasmettersi pesantemente alle imprese a causa della illiquidità degli intermediari. Vi è infatti da parte delle aziende maggiore difficoltà per ottenere nuovo credito e ci sono pressanti richieste di rientri...

La crisi inoltre sta colpendo con forza anche il settore del largo consumo. Come accade regolarmente nei momenti di crisi, la spesa e la scelta dei consumatori si modificano.
Le aziende dunque sono costrette a reinventare il loro approccio al mercato, modificando le loro strategie secondo nuovi schemi di valori dei consumatori.
Lo scenario macroeconomico complesso e il mutato comportamento d'acquisto dei consumatori rendono quindi ancora più essenziale la ridefinizione e la rivalutazione della strategia degli operatori del largo consumo per almeno cinque elementi chiave della loro attività. Ecco gli imperativi per il 2009:

· Mirare l'offerta. Data la maggiore complessità dei comportamenti dei consumatori, un approccio alla segmentazione secondo meri criteri socio-demografici, finalizzato a identificare le abitudini e le motivazioni all'acquisto, non è più efficace. È necessario conoscere il sistema di valori dei propri consumatori. E rimanere nella fascia medium di mercato non sarà più un’ancora di salvezza a cui aggrapparsi tanto sicura. Nel nuovo scenario rappresenta semmai un rischio poiché la crisi economica accentuerà sempre più la polarizzazione dell'offerta;

· Raggiungere l'eccellenza nel go to market. In questa fase bisogna trovare forme efficienti di collaborazione sia dal lato della domanda (es. category management), sia lato dell'offerta (es. pianificazione, distribuzione).

· Efficientare. Migliorare l'efficienza si può. Attraverso manovre di eliminazione dei costi e delle attività non necessarie lungo la catena produttiva. A partire dalla razionalizzazione del sistema logistico che in Italia è estremamente complesso: in alcuni casi i passaggi dal produttore al distributore arrivano ad essere addirittura dodici. La crisi non lo consentirà più;

· Crescere con selettività. la maggior parte delle aziende italiane al momento è focalizzata sul mercato interno. Nel medio periodo si tratta di un rischio. Dunque occorrerà puntare sulla crescita all'estero. Una crescita però sostenibile, mirata e profittevole. Costruendo strategicamente uno specifico paradigma di crescita interna e focalizzandosi su uno/pochi mercati potenzialmente attrattivi;
· Trasformare la finanza da passiva ad attiva. La globalizzazione delle fonti di finanziamento, l'ottimizzazione del capitale circolante e lo sviluppo di strumenti di copertura del rischio costituiscono nuove opportunità di utilizzo attivo della finanza;

In un momento storico tanto particolare quanto difficile in conclusione, l’esigenza di attuare con tempestività scelte strategiche per assicurare una crescita profittevole e sostenibile nel futuro diventa pressante. Una crescita che non è un miraggio neppure in questa fase. Ma occorre innanzitutto saper cogliere le opportunità di mercato definendo priorità e strategie mirate. E il tempo per farlo è ora.

Fonte: http://www.rolandberger.it/news/2009-02-15-crisi_consumi_en.html